Tranquilli NON è, fortunatamente, l’ennesima “manipolazione genetica” di qualche scienziato pazzo …
Si tratta - invece - di un piccolo manufatto igneo ricoperto (e di qui il nome) di sottili lamine d’oro. Viene descritto (non ho ancora avuto modo di vederlo) come: “piccolo quanto basta per stare nel palmo di un mano” ed è stato rinvenuto nel 1932 sulla collina di Mapungubwe. Il sito è la prima evidenza storica dell’esistenza, in Africa, di una società divisa in classi (la cui élite viveva, con riservatezza, appunto sulla cima della collina omonima) e testimonia – altresì – la ricchezza del sito come centro di commercio. Mapungubwe manteneva rapporti commerciali con Cina, India ed Egitto secoli prima dell’arrivo degli europei in zona. Viene, in pratica, ritenuto uno dei maggiori simboli delle civiltà precoloniali africane.
All’epoca del rinvenimento il reperto venne, si era all’epoca in regime di apartheid, “negato”, nascosto e marginalizzato in quanto contrastava con la teoria che questa fosse una sorta di “terra nullius”, una sorta di terra vuota e disabitata condizione che avrebbe quindi, in certo qual modo, legittimato la presenza dei bianchi (senza che gli stessi venissero considerati invasori/colonizzatori, con tutto quello che ne discende) in zona.
Dall’anno 2003 Mapungubwe è stata dichiarata “World Heritage Site” dall’UNESCO.
Finito il pistolotto storico veniamo a noi, a tempi più recenti: ho avuto modo di assistere alla celebrazione – sotto forma di balletto – della “Saga di Mapungubwe” a cura del “South African State Theatre”. Non sono un appassionato né un cultore del balletto (anzi …) eppure l’insieme dell’arrangiamento, di ottimo livello fatto di suoni, gesti ed immagini (ho apprezzato in modo particolare la resa iconografica ed "ambientale”) ha fatto vibrare di un suono profondo le mie più recondite “corde emotive africane”. Sono contento di aver assistito allo spettacolo, col senno di poi posso dire che averlo perso sarebbe stato un errore imperdonabile …
Segue qualche immagine (scattata in maniera quasi “clandestina”, con il cellulare) che temo renda poco (purtroppo) l’atmosfera che si è creata in teatro, ma piuttosto che niente …
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Afro-saluti.
Francesco